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mercoledì 17 giugno 2015

LA MODA ETICA DI GROUNDGROUND

Se la moda lancia un messaggio sociale e non si limita alla semplice cura maniacale dell’esteriorità, allora siamo di fronte ad un esempio di moda etica. Se il messaggio in questione è green, “back to the earth”, un invito a tornare alla terra e a quella natura primordiale da cui tutto ha origine, allora stiamo parlando di GroundGround, marchio creato dalla giovane stilista Silvia Dongiovanni. Abbiamo apprezzato le sue creazioni in occasione dell’ultima Lecce Fashion Week e abbiamo deciso di intervistarla, incuriositi dal tipo di messaggio lanciato. Trasformare la parola in immagini: è questo il senso della moda e dell’arte in generale. Lanciare messaggi forti dà ancora più senso a quest’arte che sta cercando di liberarsi dagli stereotipi che la accompagnano e da quell’aura di superficialità che circonda il mondo della moda.





GroundGround lancia attraverso la moda un messaggio sociale: la necessità di tornare alla natura, alla terra. È quindi da annoverare tra gli esempi di moda etica. Cosa pensi di questa nuova tendenza del mondo della moda? E pensi che riuscirà a crescere anche in Italia, la patria delle grandi griffe storiche e troppo spesso restìa ad ogni forma di cambiamento?

E’ spiazzante sentir parlare di GroundGround come un esempio di moda etica… è bello notare come il messaggio che la collezione urla giunga al sentire degli occhi come quello che effettivamente è: un racconto sociale. Siamo piccoli, e forse proprio questo ci rende spontanei e fanciullescamente etici come dei bambini alla scoperta del mondo, che si affacciano con immediatezza e senza filtri all’ universo dei grandi, urlando, piangendo, ridendo rumorosamente, osservando, scrutando e chiedendo “perché?”.
Le realtà etiche nel panorama fashion italiano sono già numerose, le iniziative a favore di questa necessità ( mi rifiuto di definirla “tendenza”) aumentano di stagione in stagione, basti pensare al consolidato progetto di AltaRoma, Ethical Fashion, a favore della creazione di realtà economiche sostenibili, o al più recente  Fair & Ethical Fashion Show, che a Milano ha ospitato artigiani  che operano applicando i principi del commercio equo, rispettando l'ambiente e i diritti dei lavoratori e produttori di vestiti, tessuti e accessori…
Ho anche notato quest’anno una maggiore partecipazione italiana alla rivoluzione fashion del web, il Fashion Revolution Day, alla seconda edizione. Gli stimoli, gli input ci sono, l’Italia è la patria della lentezza, ma qualcosa, seppur (ahinoi) lentamente, si muove.


Come nasce l’idea di GroundGround? Hai trovato subito terreno fertile per il tuo marchio o hai dovuto affrontare le difficoltà tipiche di un giovane che cerca di imporsi in Italia?

GroundGround nasce ad agosto dello scorso anno. E’ figlio di una grande delusione, della voglia di fare e di sfatare il mito di una generazione inetta… se risultiamo inetti è perché veniamo nutriti a pane e inettitudine da chi ci vuole rendere innocui, e non vuole scollarsi da sedie, scrivanie, denari fissi. GroundGround utilizza la metafora della terra, del lavoro faticoso nei campi, al quale assisto da bambina, essendo figlia di un instancabile contadino, per raccontare di giovani che lo cercano il lavoro, lo vogliono… e lavorano per lavorare, per soddisfare il paradosso dell’“esperienza” richiesta per essere assunti. Il lavoro, la fatica, il sacrificio, il lavoro di menti, di arti è la vera cura per tutti i mali. Il lavoro crea, non solo materia e materiale, non solo denaro e cibo per sfamarci, crea scambio, relazione, convivialità, collaborazione… in dieci mesi di GroundGround sono nate amicizie, importanti collaborazioni, e sono fiera di annoverare tra queste la più importante per il marchio, quella con Antonio Cavallo, un purosangue della grafica, dell’illustrazione, della fotografia e del video… senza di lui GroundGround ora sarebbe artisticamente fermo alla scorsa estate.
Le difficoltà di un giovane che cerca di imporsi in Italia… ho già risposto, vero?


Di recente hai partecipato alla Lecce Fashion Week, che ha puntato fortemente sui giovani stilisti pugliesi. Qual è il tuo pensiero sul sistema moda in Puglia? E sogni un giorno di raggiungere i grandi centri della moda (Milano, Parigi, New York)?

Lecce Fashion Week crede nei giovani e in una nuova moda possibile. Elisabetta Bedori ha creduto e crede in me e in tanti altri creativi emergenti. Il weekend della moda pugliese è una due giorni di sfilate, ma una vita di preparazione e crescita. I grandi della moda sono in prima fila e osservano quello che abbiamo da offrire… se c’è del buono, non se lo fanno scappare.
A Milano abbiamo già messo un sassolino, e sono in serbo delle bellissime novità… i piedi per terra, facendo attenzione a non spostare quel sassolino, sono sicura che ci aiuteranno a concretizzare e a soddisfare le aspettative di chi crede in noi.


I social media costituiscono un mezzo di promozione importante per i nuovi marchi della moda. Come si pone GroundGround con il mondo social? E se potessi trovare un selfie vip con un tuo capo, quale personaggio dello showbiz sogneresti veder indossare GroundGround?

Sono figlia di Eidos Communication, il master romano in comunicazione e giornalismo di moda… la promozione social è il primo comandamento di GroundGround. Tutto è partito dai social e tutto continua sui social… siamo su Facebook, Twitter, Instagram, Pinterest, Google+, Youtube… e veicoliamo tutto attraverso parole e immagini… proprio come sui nostri capi: uno slogan, un’immagine e avanti così!
Vorrei che un capo GroundGround venisse indossato da chi ci crede e porta avanti la nostra stessa filosofia, vip o non-vip.
Adoro Marion Cotillard… Marion, vuoi vestire GroundGround?


Per concludere quali sono i progetti futuri di GroundGround?

Continuare a lanciare i nostri messaggi di lavoro, ritorno alla natura, ripresa dal basso… crescendo nella ricerca stilistica e offrendo dei capi originali e belli da portare, oltre che significativi.









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